martedì 11 aprile 2023

"Brutt'ora"

📷 Zenza Bronica con 🎞️ Agfa Copex Rapid 100

Un post allegro, finalmente.

Nel pomeriggio di sabato 8 sono poi uscito con la L R7; chi legge potrebbe pensare "finalmente sei uscito con una donna, poco importa si chiami Liliana o Loredana", ma si tratta di una macchina fotografica tedesca del 1992. Ho scattato - o almeno credo di averlo fatto - le prime 23 foto di un rullino diapo da 36. Sono rimasto in città scarpinando per 8 km; ho dimenticato di attivare Running per tenerne traccia circostanziata, ma fa fede l'app squallida "Salute". La erre 7 è abbastanza pesante appesa al collo e ho dovuto sorreggerla con una mano pena emicrania il giorno dopo. Non è una macchina facile, mi sono trovato più a mio agio con la Leicaflex SL, ma in genere la prima volta si resta un po' spiazzati e incerti. Vedremo, il responso di questo e altri due rullini lo avrò non prima di maggio.

Tornando al titolo, v'è una connessione "aneddotica" con Splinder e con la foto (scattata a novembre). Mi iscrissi a Splinder nel marzo 2010. Un signore credo più grande e certamente più colto e più tutto di me prese stranamente a leggermi e tempo dopo mi scrisse in un commento che gli ricordavo Silvio D'Arzo.  Naturalmente misconoscevo chi fosse questo scrittore e mi limitai alla mera consultazione delle qualificate e profonde fonti del web. Considerata la mia sciatteria mentale e l'indecorosa pigrizia nel leggere è già tanto che mi sia deciso ad acquistare due libri di D'Arzo quando ormai Splinder aveva chiuso da più di un anno. Mi piacerebbe molto leggere, dico davvero; leggere continuamente. Se avessi la possibilità di ricominciare questa vita inizierei a leggere non appena acquisito un minimo di capacità di intendere e volere, ma non so perché abbia letto e legga pochissimo dimenticando anche il contenuto dei libri che mi son piaciuti tanto. Apprezzai parecchio questi di D'Arzo, ma li ho dimenticati e mi restano solo i richiami che faccio alle pagine per rileggere qualcosa che mi aveva colpito. Ovviamente ritengo che quel gentile blogger fosse ubriaco quando credette di ravvisare un qualcosa di vagamente paragonabile a D'Arzo nelle scemenze che scrivevo (e scrivo). 

Quel pomeriggio di novembre 2022, quando fu presa la foto inserita in questo post, mentre scemava la luce e ciondolavo raggiante coi miei abituali pensieri festosi risalendo la strada verso casa, mi tornarono in mente queste parole dello scrittore anche se purtroppo non c'erano ovini in giro (trovarne da fotografare è uno dei miei sogni analogici).

« [...] Fu una sera. Sul finire d'ottobre. Me ne venivo giù dalle torbe di monte. Né contento né triste: così. Senza nemmeno un pensiero. Era tardi, era freddo, ero ancora per strada: dovevo scendere a casa, ecco tutto. 

L'ombra proprio non era ancor scesa: campanacci di pecore e capre si sentivano a tratti qua e là un po' prima della prata dei pascoli. Proprio l'ora, capite, che la tristezza di vivere sembra venir su assieme al buio e non sapete a chi darne la colpa: brutt'ora. [...]

[...] Beh, - dissi allora con me, - quando ci si mette sul serio, il mondo sa ben essere triste, però. Ha perfino intelligenza per questo: e neanche un uomo ci arriverebbe mai e mai. [...] » (Silvio D'Arzo - Casa d'altri e altri racconti; 11, 12)

Ora che dobbiamo salutarci. Ciao e grazie per l'attenzione. E dunque ciao e dunque grazie per l'attenzione.

 


 



 

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